giovedì 5 marzo 2009
«Le tante iniziative già in atto andranno a integrarsi con il fondo nazionale della Cei». Secondo gli ultimi dati le famiglie in difficoltà sarebbero aumentate del 25-30 per cento Merisi: servono nuove forme di sostegno per chi perde il lavoro.
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La crisi picchia duro sulla Penisola. Sta aumentando il numero dei po­veri che bussano alle porte delle par­rocchie e anche quello, inquietante, de­gli insospettabili. Lo conferma la Caritas italiana, che ha appena terminato un Consiglio nazionale ascoltando i rappor­ti sull’inizio del 2009 dei propri osserva­tori nelle 16 regioni ecclesiastiche italia­ne. Al termine del quale rilancia e invita gli organismi diocesani a fare ancor di più, intensificando e diversificando gli aiuti. Occorre infatti farsi carico sia del nume­ro in crescita di persone afflitte dalle vec­chie forme di povertà – ad esempio an­ziani soli e pensionati al minino, disoc­cupati, senza dimora, frequentatori «abi­tuali » – sia delle persone che prima an­davano in crisi alla quarta settimana e so­no diventati frequentatori abituali. E so­prattutto non bisogna lasciarsi sorpren­dere dalla galassia ancora sfocata all’o­rizzonte fatta di uomini e donne «nor­mali », impoveriti da un recente licenzia­mento, da una separazione o che non rie­scono più sostenere il proprio tenore di vi­ta. Universo avvistato alle porte dagli o­peratori e dai volontari, ma non ancora quantificabile e per il quale occorrono nuove risposte. Si teme solo che sia la punta di un iceberg mai visto prima ai centri d’ascolto. E che, però, può farcela a risollevarsi da solo con forme di aiuto in­novative. Non la mensa o il pacco viveri, la strada vincente – in base alle speri­mentazioni fin qui compiute nelle dioce­si pilota con fondi di istituti bancari– è piuttosto quella del microcredito sociale o del prestito di sostegno alla famiglia, mi­sure temporanee magari per non ritirare i figli dagli studi o non venire sfrattati. Gli ultimi dati Istat fotografano da tempo un incremento di popolazione sulla linea di quasi povertà. Sale per l’Istat dal 14,6 al 15,4% la percentuale di nuclei in difficoltà economiche alla fine del mese con segnali di disagio al Sud e nelle isole. Dati che la Caritas ritiene peggiorati per l’aggravarsi della crisi nel corso del 2009, tanto che al­cuni osservatori diocesani rilevano un au­mento del 30% dei poveri. Le famiglie in­debitate sono passate, negli ultimi due anni, dal 24,6% al 26,0%. Il rischio povertà incombe sulle famiglie numerose, con fi­gli minori o con anziani, soprattutto se non-autosufficienti. «La Caritas italiana – puntualizza il presi­dente, il vescovo di Lodi Giuseppe Meri­si – incoraggia le iniziative diocesane di sostegno ai poveri già in atto. Spesso la Caritas diocesana è uno degli attori coin­volti nelle tante iniziative di aiuto partite. Naturalmente appoggiamo la creazione di un fondo di sostegno nazionale da par­te della Cei con il quale non ci sovrap­porremo, ma ci integreremo. Per conto nostro, le molte iniziative in campo a li­vello concreto rivelano generosità e fan­tasia da parte dei territori nell’affrontare la crisi. Per conoscere meglio le nuove si­tuazioni daremo impulso all’Osservatorio della crisi con l’Università Cattolica». Dal 2000 al 2008, anche grazie ai fondi de­rivanti dall’otto per mille, le Caritas dio­cesane hanno realizzato oltre 1200 pro­getti a livello locale, di cui 164 tuttora in corso di realizzazione. Complessivamen­te questi progetti hanno impiegato risor­se per oltre 130 milioni di euro. «L’invito a tutte le Caritas – prosegue Me­risi – è pensare ora a forme nuove di so­stegno al reddito famigliare. Penso a chi è in cassa integrazione o lavora a setti­mane alterne o a chi è precario. Dobbia­mo sostenere anche parti del mondo pro­duttivo, come le cooperative di tipo B de­gli enti della Consulta ecclesiale e di Fe­dersolidarietà, che danno lavoro soprat­tutto ai soggetti più deboli o. al mondo artigianale e del commercio in riferi­mento soprattutto a mancati pagamenti che possono mettere in crisi il lavoro e l’attività». Anche se non si intravede l’uscita dal tun­nel, per il presidente della Caritas italia­na vi sono comunque elementi positivi. «Possiamo cercare di cambiare gli stili di vita con due parole chiave, solidarietà e sobrietà. E cambiare il nostro metodo di lavoro, aumentando la sinergia con gli en­ti locali, con le banche e gli attori del ter­ritorio. Da questo momento difficile pos­siamo uscire tutti più forti». Il vescovo Merisi
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